Chi
di voi, gentili “navigatori”, non ha mai
fatto una fila davanti a uno sportello bancario o
a quello di un ufficio postale? Seguivate le file
o le fila? In altre parole, cortesi amici e amatori
della lingua, bisogna dire “file” o “fila”?
Perché questi due plurali confondono le idee
e fanno cadere in errori marchiani un po’ tutti?
Non c’è discorso in cui l’illustre
oratore non inciampi nelle “fila del partito”
o non inviti i suoi sostenitori a “stringere
le fila” dove questo “fila” è
errato. La nostra lingua, si sa, è piena di
regole e sottoregole, di eccezioni e controeccezioni,
ma forse è troppo ignorata anche da chi, per
mestiere, non dovrebbe farlo: la stampa. Tempo fa,
su un grande giornale d’informazione, abbiamo
letto un “serrare le fila” che ci ha fatto
strabuzzare gli occhi. Vediamo, quindi, di fare un
po’ di chiarezza.
In italiano esiste un sostantivo femminile singolare
“la fila”, cioè una “serie
di persone o cose più o meno allineate una
dietro l’altra” (la fila all’ufficio
postale, per esempio), che ha un plurale “le
file”. Diremo, perciò, che davanti a
quel negozio – in occasione dei saldi –
si sono formate lunghissime file (non “fila”)
di persone, e che i militari rompono “le file”,
rompono, cioè, il loro allineamento. Vi è,
poi, un altro sostantivo di genere maschile, “il
filo”, esattamente il prodotto di una filatura
(un filo di lana, di cotone, ecc.) con due plurali,
uno regolare maschile e uno irregolare femminile:
i fili e le fila. Il plurale più comune e,
per tanto, più adoperato è quello regolare:
i banditi hanno tagliato i fili del telefono; alla
signora hanno rubato quattro fili di perle; si sono
sfilati tutti i fili delle calze. L’altro, quello
irregolare (il femminile “le fila”), si
adopera, generalmente, in senso collettivo per indicare
più fili presi assieme: le fila del formaggio.
Ma più spesso in senso figurato o traslato:
le fila della congiura. Attenzione, quindi, amici,
abbiamo “le file” del partito, dell’esercito,
di un’associazione, ecc., non “le fila”.
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