Natale pericoloso

di Sabato Bufano


Settembre

La sala riunioni era luminosa. Il grande tavolo ovale al centro colmo di fogli, tabulati, grafici. Sette partecipanti seduti e uno in piedi, il dottor Piermaria Alberti, responsabile commerciale della BigBon S.p.A., industria dolciaria. “Vi ho convocati oggi” esordì “per stabilire insieme il nostro piano di attacco”. Gli altri si scambiarono occhiate significative: conoscevano bene l’argomento della riunione. Quegli incontri si ripetevano prima di alcuni periodi “caldi” dell’anno: Carnevale, Pasqua, Natale. Erano i momenti in cui i responsabili erano maggiormente sotto pressione. “Mancano poco più di tre mesi alle feste natalizie”, continuò. “Per la nostra azienda è un periodo da sfruttare al meglio, per consentirci di sopperire alle magre degli altri momenti dell’anno. In questi primi otto mesi abbiamo rispettato il budget, ma la nostra è un’azienda che cresce. Dal Natale voglio il massimo da ognuno di voi”. Altre occhiate tra i partecipanti. “Ho fatto preparare grafici e numeri, vi aiuteranno a seguire meglio”. Si recò deciso nei pressi del muro bianco su cui un videoproiettore illuminò, nitida, una prima diapositiva. Gli altri la guardarono preoccupati: i grafici erano decisamente ripidi verso l’alto. “Qui potete vedere un raffronto tra il fatturato dell’ultimo trimestre dell’anno scorso e il fatturato che l’azienda si aspetta per il trimestre in arrivo. I conti sono semplici: + 25%”. Era impazzito? Lo era forse l’azienda? L’anno precedente già erano stati raggiunti risultati miracolosi. Ora chiedevano un più venticinque per cento? Ammutoliti, attoniti, tutti continuarono a scambiarsi occhiate preoccupate. La riunione continuò per molte ore. Il dottor Alberti spiegò come raggiungere quel risultato, su quali prodotti bisognava puntare, quali modalità pubblicitarie adottare. Tutto deciso. Tutto stabilito. Senza possibilità di obiezione. “E ricordate” concluse “il nostro motto è vendere, vendere e ancora vendere. Con ogni mezzo. Dobbiamo aggredire il consumatore. Convincerlo che i nostri prodotti sono non solo i migliori ma anche i più convenienti. Natale viene una volta l’anno. E va sfruttato!”

Era una bella giornata di sole. Faceva ancora caldo, magari settembre stesse per terminare. Alfonso Navarro era nel suo ufficio. Vanessa, la sua segretaria, gli aveva appena annunciato l’arrivo del dottor Vanetti e del suo assistente. Era un giorno importante per la Advertising Associates, l’agenzia pubblicitaria di cui era titolare: Vanetti era il responsabile marketing di una delle maggiori aziende italiane di giocattoli. E aveva deciso di affidarsi ai suoi servigi. Era la grande occasione, il salto di qualità. Occorreva fare un buon lavoro, a qualunque costo. Vanessa bussò e introdusse gli ospiti. Il dottor Vanetti entrò per primo: un omone grosso, occhialini, barba lunga e nera, molto curata. Dietro di lui il suo assistente, una valigia in ognuna delle mani. In breve la scrivania di Alfonso si riempì di giocattoli: le novità in anteprima per Natale. Bambole e pupazzi parlanti, giochi da tavolo, giochi di ruolo, videogames. “Senta, signor Navarro, questo è ciò che la mia azienda propone quest’anno. Voglio una campagna esplosiva, d’effetto, che catturi. Voglio televisione, cinema, giornali. Non badiamo a spese. Ma voglio i risultati. Prima di Capodanno i nostri giocattoli devono far mostra di sé nelle case degli italiani!”. Vanetti era noto per la sua arroganza: non si smentì nemmeno in quell’occasione. “Dobbiamo puntare sui bambini” esordì Alfonso. “Dobbiamo catturarli, acchiapparli, fare in modo che obblighino i genitori a comprare i vostri giocattoli!”. Ad Alfonso parve di aver esordito bene. “I nostri giocattoli, dottor Navarro. Nostri!” corresse Vanetti. “D’ora in poi la sua agenzia è corresponsabile: se i risultati saranno deludenti non vi daremo un euro!”. Alfonso trasalì. “D’altro canto, se otterremo quanto previsto, sapremo ben essere riconoscenti!” concluse Vanetti. Si alzò: per lui l’incontro era finito. “Incontrerà le mie persone per discutere i dettagli e per tirare su un progetto. E che sia convincente!”. Salutarono entrambi e si avviarono alla porta. Per Alfonso cominciavano mesi di fuoco. Ma era pronto alla sfida.

Ottobre

Anche quella mattina, di buonora, Mario uscì di casa. La catena di montaggio l’aspettava, come ogni giorno. L’aria già un po’ pungente e quella nebbiolina certo non lo incoraggiavano, ma bisognava andare. Le ferie erano ormai un ricordo lontano: già da molto era rientrato nella monotonia e nella fatica di ogni giorno. Uguale al giorno prima. Uguale al giorno dopo. Bacio a moglie e bambini quando era ancora quasi buio. Bacio al rientro a casa, quando era già buio di nuovo. Cena e televisione. Crollo sul divano. Addormentato. La mattina dopo tutto daccapo. Niente tempo per altro. Solo il lavoro e ancora lavoro. Niente tempo per la famiglia, per uno svago, uno qualsiasi. E alla prossima pausa mancavano almeno due mesi. “Ma quest’anno voglio fare anch’io come i VIP” disse tra sé e sé. “Prendo moglie e figli e vado in vacanza. D’inverno! Natale e Capodanno saranno diversi, quest’anno!”. Prese la metropolitana, affollata come al solito: l’avrebbe accompagnato fino in periferia. C’era tempo per fantasticare. “In montagna a sciare? Al mare in paesi caldi?”. Il dilemma era serio. Uscì dalla metro. Risalì in superficie: l’aria pungente e la nebbia lo accolsero nuovamente. La catena di montaggio l’aspettava.

Novembre

L’indice di gradimento presso gli elettori aveva subito duri colpi, ultimamente. L’avviso di garanzia che lo aveva colpito aveva suscitato molto scalpore, in città. Ma Roberto Roganti, assessore ai lavori pubblici, era certo che ne sarebbe uscito pulito. Lo avevano coinvolto in storie di appalti truccati, lo accusavano di aver favorito ditte amiche. Anche qualche cifra aveva subito lievitazioni sospette. “Ho fiducia nella giustizia. Sono vittima di una macchinazione dei miei avversari politici. Chi mi conosce sa che il mio primo obiettivo è il bene dei cittadini!”, si era affrettato a dichiarare appena la notizia era rimbalzata in città. Certo, i lavori pubblici sono un settore delicato: alcune volte il compromesso è d’obbligo. D’altro canto aveva promesso molto in campagna elettorale: tanti cittadini gli avevano creduto e l’avevano votato. Ora era necessario dare loro dei riscontri visibili, e bisognava farlo presto. A voler fare tutto sempre rispettando le regole i tempi si sarebbero allungati: era necessario ridurre gli attriti, di tanto in tanto. Poco importava se questo significava scendere a compromessi: l’importante era il risultato. Se poi qualcuno gli era stato riconoscente, bé, che male c’era? Vogliamo criticare anche i segni di amicizia e di stima? A tutte queste vicende pensava Roganti quella mattina, seduto alla sua scrivania in Comune. Bisognava fare qualcosa per recuperare popolarità, altrimenti la sua poltrona avrebbe corso seri rischi. Qualcosa che colpisse i suoi concittadini, e li facesse ricredere sul suo conto.

23 Dicembre

Era molto soddisfatto, il dottor Piermaria Alberti. Si stava godendo il suo primo giorno di ferie, stanco, ma assolutamente sereno. La BigBon S.p.A. aveva venduto in maniera strepitosa negli ultimi mesi. Quelle feste natalizie sarebbero state memorabili! Tutti i budget previsionali erano stati stracciati Certo, aveva chiesto molto ai suoi, in azienda: per molte notti gli uffici erano stati illuminati. Il battage pubblicitario era stato asfissiante, ma ora i frutti erano visibili: e che frutti!

Vanessa annunciò l’arrivo del dottor Vanetti. Alfonso Navarro diede una rapida rassettata alla cravatta e lo accolse andandogli incontro con la mano protesa. Appena seduto, il dottor Vanetti esordì: “Siamo molto soddisfatti di voi. La campagna pubblicitaria è stata notevole. Certo, qualcosa si poteva fare meglio, ma i risultati di vendita sono soddisfacenti. I nostri giocattoli saranno il leit-motiv di queste feste”. Continuò a parlare, era un fiume, ma la soddisfazione era visibile. Dopo qualche minuto salutò e uscì. Solo allora Alfonso si rese conto di non aver detto una parola. Ma poco importava. La Advertising Associates era entrata a pieno diritto nel gotha delle agenzie pubblicitarie.

Anche quella mattina, di buonora, Mario uscì di casa. La catena di montaggio l’aspettava, come ogni giorno. Fuori ad accoglierlo freddo e neve, tanta neve. E tanto freddo dentro. La vacanza tanto agognata era sfumata. Le spese impreviste si erano moltiplicate. Il motore della macchina saltato. Il riscaldamento di casa in avaria. I libri dei figli. E tasse, tante tasse. Davvero non rimaneva nulla per concedersi uno sfizio. Anche quel Natale e quel Capodanno li avrebbe vissuti in città, magari attorniato da qualche parente o amico in più. Entrò in fabbrica. La catena di montaggio l’aspettava, come ogni giorno.

Lucia era affaccendata: stava provvedendo alle grandi pulizie di casa. Da brava casalinga voleva che tutto fosse perfetto, la vigilia di Natale. Col marito avevano invitato un po’ di amici al pranzo della vigilia, e gli ultimi giorni erano stati stressanti. Aveva sfogliato a lungo i suoi libri di ricette, fino a completare un menù che le sembrava perfetto. E poi le spese, il lucidare a specchio la casa. Senza pensare che la mattinata successiva sarebbe stata di fuoco: già completamente pianificata ai fornelli. E solo da poche ore aveva completato l’operazione regali. Era stato stressante pensare ai gusti dei destinatari, scegliere i regali giusti, cercarli, trovarli. Ma tutti erano apparsi felici del regalo ricevuto, e Lucia si sentiva estremamente gratificata. “Mi riposerò dopo Natale!” pensò, spolverando il lampadario del salone.

Quella sera Carmen era raggiante: il suo ragazzo, militare al Sud, era appena tornato per una lunga licenza. Sarebbero stati tanti i giorni e le sere che avrebbero potuto vivere insieme. Nel pub affollato stavano bevendo, seduti ad un tavolino in disparte. Gli sguardi erano molti di più che le parole. Sfiorandosi le mani si guardavano fissi. Dopo qualche minuto, senza dirsi niente ma capendosi perfettamente, uscirono dal locale, si infilarono in macchina e partirono nella notte. Dopo un po’ si fermarono e uscirono sul prato dove avevano parcheggiato. Si sedettero, lui tirò fuori un po’ di roba buona e la condivisero. E dopo fu l’amore: la luna lì osservò a lungo abbracciati.

Aveva fatto le cose in grande l’assessore Roganti. Se Natale è la festa in cui tutti sono più buoni, quale cosa migliore se non organizzare una festa di beneficenza? E così aveva coinvolto cantanti e attori. Si era mosso per avere il patrocinio del Comune, con i finanziamenti conseguenti. I nomi di grido avevano richiamato mezza città, quella sera. La raccolta fondi per la ricerca sul cancro anche. E tutti sapevano che l’evento era stato organizzato per volere dell’assessore Roganti: questo importava, il resto erano dettagli. La sua popolarità sarebbe finalmente tornata ai livelli che gli spettavano, le malelingue sarebbero state zittite. Ed a Capodanno avrebbe potuto andarsene sereno ai Caraibi.

Notte di Natale

La Messa di mezzanotte stava per iniziare, la chiesa era gremita. Il dottor Piermaria Alberti con la sua famiglia occupava uno dei primi banchi. Due file più in là anche Alfonso Navarro aveva radunato la sua famiglia. Entrambi avevano approfittato dell’occasione per passare dei momenti insieme ai loro cari: negli ultimi mesi era stata dura vederli. Mario era stato trascinato dalla moglie: sedevano quasi in fondo alla chiesa. “Non è Natale senza la Messa!” gli aveva intimato. E lui aveva messo il vestito buono e l’aveva seguita. Davanti a loro Lucia, soddisfatta. Tutto era compiuto: lo scambio dei regali completato, il pranzo della vigilia era stato un successo, gli invitati le avevano fatto i complimenti. Ora poteva godersi quelle due ore in perfetto relax, in pace con sé stessa. Carmen e il suo ragazzo avevano deciso di passare prima in chiesa: c’era tanta gente! E poi vuoi mettere la novità? Chissà cosa facevano lì dentro? Erano già abbigliati da discoteca: all’uscita avrebbero tirato l’alba a ballare. L’assessore Roganti era seduto in prima fila, con schierati moglie e due figli. Non che gli interessasse molto essere lì, ma doveva essere presente: l’occasione faceva parte delle pubbliche relazioni che la sua carica gli imponeva. Il canto iniziale e il successivo “Il Signore sia con voi!” del celebrante interruppero i pensieri di ognuno. All’altare una lunga fila di sacerdoti e chierichetti, a sottolineare l’importanza della celebrazione. Davanti all’altare, illuminato e ben visibile, il Bambino adagiato in una sorta di culletta riempita di paglia, gli occhi rivolti verso l’assemblea. Il racconto della nascita del Figlio di Dio si dipanò nel corso delle letture. Lo sguardo del dottor Alberti andò all’orologio, gli occhi di Alfonso vagavano ammirando l’architettura della chiesa. “Non c’era posto per loro!”, ripeté due volte il celebrante, iniziando l’omelia. Il primo ad accorgersi di qualcosa di strano fu l’assessore Roganti: guardando il bambino gli sembrò che muovesse gli occhi e la testa. Si strofinò discretamente gli occhi e guardò di nuovo in quella direzione: il Bambino aveva girato gli occhi e lo guardava! Si girò lentamente intorno, scrutando se c’erano segni sui visi dei vicini: niente! Possibile che solo lui aveva visto? No, non solo lui. Anche il dottor Alberti, Lucia, Alfonso, Mario e Carmen stavano strabuzzando gli occhi. Carmen indicò il Bambino al suo ragazzo, sussurrandogli qualcosa nell’orecchio. Lui la guardò, non capendo: non vedeva niente di strano. Solo loro sei, il Bambino stava fissando solo loro sei. Attoniti, increduli, pensarono di essere vittime di chissà quale magia. Alfonso notò qualcos’altro: il Bambino cominciò a muovere le labbra! Guardò meglio: si stavano certamente muovendo. Intorno a lui niente: tutti seguivano le parole del celebrante. “Anche noi oggi viviamo come gli albergatori di Betlemme!” tuonava il sacerdote. “Nella nostra vita non c’è più posto per Cristo. La pubblicità ci invita a comprare, sperperare, consumare. Le vetrine dei negozi ci invitano a fare altrettanto. La televisione ci invita alla solidarietà, all’amore, alla famiglia. Peccato se ne parli solo in questi giorni: spente le luci della festa, addio solidarietà! In tutte le case è un fiorire di alberi, presepi, luci, colori. In questi giorni interroghiamo le stelle alla ricerca di buoni auspici. Per questo penso che Natale sia una festa pericolosa. Sì, pericolosa. Per chi non può partecipare. In questi giorni gli acquisti sono portati all’estremo. E chi è povero, e non può comprare? Si sentirà ancora più povero. E chi è solo? Si sentirà ancora più solo”. Anche gli altri cinque si erano accorti del movimento delle labbra del bambino. Cercarono tutti di non pensarci, facendo finta di niente. Venne il momento della Comunione, a cui nessuno dei sei partecipò. Dopo la Comunione, Mario sentì un bisbiglio. Si girò verso la moglie, pensando gli avesse sussurrato qualcosa. Niente, lei fissava attenta l’altare. Anche gli altri cinque sentirono distintamente un bisbiglio. Anche loro si girarono verso i vicini. Niente. Intanto la Messa volgeva al termine. I sei si rivolsero quasi contemporaneamente verso il Bambino, temendo da dove provenisse il bisbiglio. Erano in posti diversi della chiesa, ma il Bambino stava fissando ognuno dei sei. Le sue labbra si mossero di nuovo e stavolta il bisbiglio si tramutò in una frase, che tutti e sei compresero perfettamente: "Stanotte sono nato anche per te". Il celebrante congedò l’assemblea: “La Messa é finita. Andate in pace!".



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